CONTE AGOSTINO MARENZI, CANONICO E STORICO
Nato a Telgate il 3 novembre 1598, avviato dalla nobile famiglia alla carriera ecclesiastica, fu nominato canonico sotto il papa Urbano VIII. Fu buon letterato e soprattutto cultore di storia locale. Quando nel 1630 scoppiò la peste abbandonò la città, per timore del contagio, e si ritirò al paese natale dove scrisse una relazione della peste che con quella scritta da Lorenzo Ghirardelli costituisce un'ottima documentazione del gravissimo flagello. La sua opera è tuttora esistente in manoscritto presso la Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo, con una trascrizione fatta dal dottor Luigi Carrara con il titolo «Della peste del 1630 e di altre cose di quel tempo» (21 maggio 1855). Tra l'altro A. Marenzi, racconta un episodio riguardante Telgate: si diceva che dei soldati tedeschi nel 1630 stavano per occupare la località. Tutta la gente era in allarme, sia per la difesa da apprestare e sia per la diffusione del contagio (i soldati stranieri anche in passato sono stati considerati il veicolo principale del diffondersi di pestilenze). Si diceva che i tedeschi avessero già saccheggiato Chiuduno, ma l'arciprete di Telgate Bartolomeo Belotti di Grumello, «uomo oltre che era di buone lettere dotato, ancora d'animo coraggioso, andò a Chiuduno per accertarsi della cosa, e a Chiuduno gli dissero che i tedeschi erano a Cicola; andò a Cicola e vi trovò gente spaventata che diceva che i tedeschi erano alle Bettole di Gorlago, e così di seguito, senza che i tedeschi apparissero, perché essi erano solamente nella fantasia agitata e stravolta della povera popolazione». In tempi tanto difficili, riferisce il Marenzi, la mancanza del sale continuava a essere una grande pena per la popolazione, tanto che la richiesta di sale era una continua invocazione rafforzata anche da sollevazioni popolari. Lo si acquistava «a ogni dinaro» pur di averlo. Il Marenzi stesso fece pressione per ben due volte al comune di Telgate e conclude con soddisfazione «sono andati sino a Verona a pigliarlo benché gli costasse molto caro». Morì il 3 dicembre 1636.

GIOVAN BATTISTA, GEROLAMO E GIOVANNI VAICARDO VAVASSORI
L'antica e nobile famiglia dei Vavassori di Telgate, già proprietaria di feudo con castello che successivamente passò ai conti Marenzi, non solo acquistò notorietà per il ruolo legato alla denominazione «valvassore», termine di onore e di importanza in gergo feudale, e per il vescovo monsignor Defendente, ma anche per un nipote di questi, Giovan Battista e i suoi discendenti che portarono con sommo onore il nome della loro casata all'estero, specialmente in Slovenia.
Il primo Vavassori di Telgate a portare il cognome «Valvasor» in Carnia ed in Slovenia fu Giovan Battista, seguendo la strada già apertagli dello zio monsignor Defendente, e facendo parte di quella schiera di gente specializzata ed attiva che si era recata in Slovenia a dare man forte per apprestare le difese contro la minaccia dei Turchi.
Alla sua morte Giovan Battista Vavassori lasciò beni, il castello Galleneck e tutto il resto a Gerolamo, che pure aveva avuto residenza a Telgate.
Gerolamo ebbe due maschi: Bartolomeo e Adam. Bartolomeo Vavassori ebbe un'intensa vita coniugale; si sposò una prima volta con la baronessa Maria Elisabetta von Dornberg che gli diede sette figli, e una seconda volta, dopo la morte della prima moglie, con la distintissima Anna Maria di Krumperk che gli diede altri diciassette figli.
Il dodicesimo di questa lunga serie fu Giovanni Vaicardo (Johann Weichard detto anche Janez Valvazor), (clicca qui per ulteriori informazioni) che divenne un vero personaggio per cultura, spirito d'avventura e ampiezza di interessi.
Giovanni Vaicardo Vavassori (1641-1693) fu considerato un'autentica gloria per il ducato di Kranj che lo onorò come insigne etnografo, topografo, storico e artista. Dopo gli anni di formazione scolastica presso il liceo dei gesuiti di Ljubljana si mise a viaggiare per l'Europa, prestando servizio in diverse formazioni militari. Nel 1663-64 fu soldato a Senj, grande fortezza sulla costa adriatica, e partecipò a diverse battaglie contro i Turchi. Come militare passò in parecchie città di Germania, Austria, Italia, Africa del nord, Francia, Svizzera, per tornare nel 1672 in Slovenia ricco di esperienze, conoscenze e annotazioni dì ogni genere.
Durante i suoi viaggi osservò e studiò numerose curiosità naturali e storiche, portando con se anche un'enorme quantità di apparecchiature matematiche e fisiche, disegni, monete e libri antichi che costituirono poi la base delle sue collezioni e in particolare della magnifica biblioteca.
Nel suo palazzo di Bogensperk, vicino a Litije, nel 1678, attrezzò un laboratorio di incisioni su rame e una tipografia in cui lavorarono numerosi disegnatori, incisori e stampatori. Percorse, osservando e disegnando, tutta la Slovenia, preparando una grossa quantità di materiale da esperto topografo e etnologo che diede alle stampe nel 1679 con grande successo.
Un secondo album di stampe fu da lui riservato alla Carinzia, e dopo una breve parentesi militare in cui comandò, in qualità di capo della regione di Dolensko, una formazione di quattrocento uomini contro i Turchi, si dedicò alla sua più importante opera.
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